LA CERTOSA DI PARMA di STENDHAL

LA CERTOSA DI PARMANon so quanto i giovani leggano ancora i classici, almeno spontaneamente. Certo, se c’è un romanzo adatto a loro, pieno di energia giovanile, addirittura adolescenziale, questo è La Certosa di Parma, che Stendhal scrisse in 52 giorni, dal novembre al dicembre 1838, pare addirittura dettandolo. E che sbanca ogni polemica contemporanea sullo specifico letterario e il lavoro sul linguaggio contrapposto alla funzione narrativa. Come se non potessero coesistere sulla stessa pagina! Qui siamo nel racconto allo stato puro: amori, duelli, battaglie, addirittura quella di Waterloo, congiure cortigiane, avvelenamenti, attrici compiacenti, cantanti maliarde, banditi nella foresta, generosi come Robin Hood, prigionieri nelle torri, intrighi politici, cavalcate, fughe, travestimenti… La storia del protagonista Fabrizio del Dongo, della sua affascinante zia Gina (contessa di Pietranera, in seguito duchessa Sanseverina e infine contessa Mosca) e della dolcissima Clelia Conti, l’unico vero amore di Fabrizio, è una di quelle “cronache italiane” del Cinque-Seicento che Stendhal leggeva su vecchi manoscritti nel periodo in cui era annoiato e svogliato console a Civitavecchia, allora borgo malarico e coleroso, sede di una colonia penale con mille forzati, dove scrisse i Ricordi d’egotismo, Lucien Leuwen, Vita di Henry Brulard. Infatti la trama della Certosa è presa pari pari da un’anonima e fantasiosa cronaca romana del Cinquecento, Origini della grandezza della famiglia Farnese: Stendhal cambiò i nomi e con molta libertà ambientò la storia negli anni della detestata Restaurazione e nel principato di Parma (mai esistito: era il Ducato di Parma e Piacenza, e i Farnese si erano estinti già nel 1731; ma se è per questo non è mai esistita nemmeno una Certosa, a Parma, e la prigione in cui è rinchiuso Fabrizio assomiglia molto a Castel Sant’Angelo…). Nulla di avventuroso si nega Stendhal nel romanzo che forse più rispecchia la sua personalità, la sua passione napoleonica (cioè, a quei tempi, liberale), la sua critica alla Restaurazione che all’epopea napoleonica seguì, il suo amore per l’Italia e il melodramma, per Machiavelli (secondo Balzac La Certosa di Parma è il romanzo che avrebbe scritto il segretario fiorentino se fosse vissuto nell’Italia del primo Ottocento), la sua capacità di rendere il fascino anche psicologico dell’universo femminile, il suo gusto per le storie italiane, piene di passioni e delitti, sottese sempre da un’energia vitale prorompente che per lo scrittore francese è la vera cifra del nostro paese. Arricchì poi la vicenda originaria di personaggi e di storie parallele, sempre con quel suo caratteristico stile cinematografico ante litteram, per cui sia il ritmo, veloce e brusco, sia il montaggio stesso delle scene, cioè di quello che l’autore vuol far vedere al lettore (le “inquadrature”, per così dire) fanno pensare a una sceneggiatura già pronta per lo schermo.
Ma in ogni vero romanzo dietro le vicende narrate si legge anche una concezione del mondo, come si diceva una volta, cioè un senso della storia. Non c’è bisogno di spiegare didatticamente, come fanno gli scrittori mediocri: basta far agire i personaggi nel contesto. E Stendhal, grande frequentatore di teatri (in particolare l’amata Scala a Milano), quindi attento osservatore di quanto di invisibile si rivela nel gesto e nella battuta dialogica, ci riesce benissimo, con quella naturalezza sorgiva tipica del narratore autentico e non del semplice inventore di intrecci. L’eterna lotta fra reazione e rivoluzione, che fa da sfondo a un’epoca, si incarna qui nella vita di una piccola corte assolutistica, con le rivalità, le ambizioni, i vezzi dei cortigiani e le astuzie o le piaggerie dei ministri. Le mille variazioni dell’amore e di tutto ciò che all’amore si accompagna: gelosia, rimorsi, passione, slanci e ritrosie, seduzione di corpi e anime, si declinano nelle peripezie e nelle strategie sentimentali non solo dei protagonisti (Sanseverina, Fabrizio, Clelia, conte Mosca) ma anche dei personaggi minori e minimi e secondo modalità che caratterizzano i diversi mondi sociali. I quali sono qui rappresentati in tutte le possibili varianti: aristocrazia austriacante o filonapoleonica, borghesia ambiziosa e progressista, popolani fedeli od opportunisti, piccoli malavitosi, nobili decaduti, mezzane, preti e monsignori… Tutto il formicolante universo sociale è raffigurato nell’immediatezza dell’azione o della parola e nello stesso tempo nella caratterizzazione (indimenticabile) del tipo.

In due parole: leggetelo prima di vedere lo sceneggiato televisivo, giocate con l’immaginazione non ancora colonizzata dalla visione.

Scheda di GIANANDREA PICCIOLI

STENDHAL
LA CERTOSA DI PARMA

Traduzione di Camillo Sbarbaro, contributi di György Lukács
Editore: EINAUDI 2007AGGIUNGI AL CARRELLO
Numero di pagine: 484
Prezzo: € 12,50
NICEPRICE € 11,88 – SCONTO -5%


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