LA CONFRATERNITA DELL’UVA di JOHN FANTE

LA CONFRATERNITA DELL'UVAIl cinquantenne Henry Molise è uno scrittore di successo, vive in una villa sull’Oceano insieme a una moglie americana protestante e due figli da college. Le sue origini di cattolico wop (dispregiativo per gli immigrati italiani) sono riscattate: la sua esistenza vibra al sole di Los Angeles, marcia al passo del sistema americano e del suo sogno. Ma nelle buone storie la vita tende i suoi agguati: un semplice squillo di telefono lo costringerà a tornare alle radici e fare i conti con la propria identità. Alla cornetta il fratello Mario lo informa “che mamma e papà avevano tirato in ballo un’altra volta la faccenda del divorzio”. La madre si sta trasferendo lontano, dalla sorella, e a Henry viene chiesto di ospitare il padre nella grande casa di Redondo Beach. Sgomento, lo scrittore prova a parlarne con la moglie che impietrita lo obbliga ad andare a “casa” e risolvere i problemi di famiglia.
Qui inizia il viaggio di Henry alla riscoperta delle proprie origini, all’interno di se stesso, faccia a faccia con la “vera” famiglia, che la prosa spoglia, febbrile e immaginifica di Fante racconta con la consueta capacità di restituire la vita nel suo farsi; la sua scrittura che è romanzo, racconto ispirato, pur non lo sembra assomigliando più alla cronaca diretta di eventi che accadono sotto gli occhi di chi narra.
A San Elmo, Henry rivede la madre, i tre problematici fratelli e, soprattutto, Nick Molise, il vero protagonista della storia: “Lui era qualcosa di più che il capofamiglia. Era giudice, giuria e carnefice, Geova in persona”. Irriverente, alcolizzato, dispotico, volgare, ignorante, maschilista e autoproclamato “miglior scalpellino d’America”, questo è papà Molise, montanaro d’Abruzzo emigrato nelle Americhe a tirar su muri e gonfiarsi del chiaretto di Angelo Musso al Caffè Roma, tana di compari di egual rango e cultura, l’indimenticabile confraternita del titolo.
Se la minaccia del divorzio sfuma subito, un’altra ben più nera si abbatte sul povero Henry: al vecchio muratore è stato commissionato un affumicatoio di pietra in montagna ed egli si aspetta che il figlio gli faccia da secondo. Henry rifiuta, la sua vita è altrove. I giorni passano, gli incantesimi culinari di mamma cominciano a fare effetto, la morsa caotica dei fratelli lo incalza e Henry, non senza accese discussioni familiari, finisce per seguire il padre nell’insensata impresa: “Mio padre aveva diritto a questo ultimo ridicolo trionfo, questa piccola casa di pietra sulle Sierras”.
Questo è il cuore de La confraternita dell’uva: il rapporto tra padre e figlio. Lo scontro non solo tra due generazioni ma tra due culture, la prima contadina, emigrata, salda su pochi semplici principi; l’altra di “americani di seconda generazione” che si sono conquistati un posto al sole e guardano alle proprie origini con sospetto e vergogna.
In queste pagine John Fante (1909-1983) dà forse una delle sue prove migliori alternando lirismo, comicità, malinconia, sarcasmo e commozione quasi senza soluzione di continuità in un flusso linguistico davvero ispirato. La confraternita dell’uva (1977) è l’ultimo capitolo della saga dei Molise (composta anche da A Ovest di Roma e Un anno terribile) e l’ultimo scritto dall’autore prima che la cecità lo costringesse a dettare.
Non so dire se questo sia il più bello fra i libri di Fante. La sua opera è come una scatola di cioccolatini: sollevato il coperchio non si sa mai quale preferire, ma qualunque cosa si scelga non può che riempirci di gioia.

In due parole: il segreto per risolvere i conflitti generazionali? Spaccar sassi in alta montagna, parola di John Fante.

Scheda di ANDREA TOGNASCA

JOHN FANTE
LA CONFRATERNITA DELL’UVA

Editore: EINAUDIAGGIUNGI AL CARRELLO
Traduzione di Francesco Durante
Prima edizione italiana: 2004
Numero di pagine: 232
Prezzo: € 12,50
NICEPRICE € 10,63 – SCONTO -15%


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