LA PESTE LA FAME LA GUERRA di ETTORE MO

LA PESTE LA FAME LA GUERRAAfghanistan Kurdistan Iran Irak Medio Oriente Cambogia India Centro America: questi sono i paesi dai quali Ettore Mo, grandissimo inviato speciale del Corriere della Sera, scrive in La peste la fame la guerra, il primo pubblicato tra i suoi libri nel quale sono coordinate le corrispondenze che vanno indicativamente dal 1978 al 1986.

Straordinarie sono le sue capacità di far vivere quasi visivamente al lettore la famosa bellezza o il disperato squallore di montagne, di fiumi, di pianure, luoghi sfregiati dai bombardamenti, dal napalm, dall’abbandono delle popolazioni; le spesso difficilmente comprensibili vicende politiche; straordinari il vissuto degli incontri, la forza della lingua, l’umanità nel trasmettere i personaggi e i loro pezzi di vita e spesso la morte. Di alcuni di loro, in particolare i giovanissimi e i bambini di quegli episodi che Mo ha raccontato, non si può fare a meno di domandarsi che cosa sia successo, dove siano finiti, cosa ricordino, nell’improbabile caso siano ancora vivi.

Per l’impossibilità di raccontare tutti i servizi citati, parlo solo del Diario dall’Afghanistan. Nell’aprile 1978 ha inizio la tragedia afghana, quando i partiti filomarxisti afghani sostenuti militarmente da Mosca abbattono il precedente breve governo di Daud, fondatore della prima repubblica afghana, per istituire la Repubblica democratica afghana. Il 26 dicembre1979 Breznev ordina l’invasione militare del paese, per impedire il crollo del regime filosovietico di Kabul e l’instaurarsi di una repubblica islamica, come era successo nello stesso anno in Iran col ritorno dall’esilio dell’imam Khomeini.

Pochi mesi dopo Mo inizia una serie di eccezionali servizi speciali che vanno dal luglio 1979 al giugno 1986 dove racconta la resistenza islamica, le guerre intestine tra le infinite fazioni più o meno forti dei partiti antisovietici, gli incontri con i capi combattenti spesso giovanissimi (e tutti barbuti, è una pennellata che non manca mai) nei loro bunker, nelle vallate abbandonate dalle popolazioni, tra attacchi alle forze sovietiche al limite della follia per l’esiguità delle armi e in particolare di una men che meno efficace controaerea; con la totale mancanza di cibo, appesantita dai digiuni rituali, rigorosamente rispettati, del ramadan che fa loro rinunciare al miserevole boccone quotidiano e all’acqua di una fonte (Mo si sente in colpa per la sua possibilità di bere). Le donne sono le grandi assenti tranne, sempre “ben occultate”, nelle vieppiù affollate tendopoli dei campi profughi appena al di là del confine in Pakistan, dove sono “moltissimi i bambini, scalzi, sporchi e bellissimi nel gran viluppo di cenci e turbanti”. Sono arrivati sui camion e con le bestie dai passi di montagne bellissime, “coi sacchi pieni di niente”.

I servizi spesso sono dal Pakistan, da dove Mo parte e ritorna travestito da mujaheddin per escursioni clandestine: memorabili i racconti degli incontri col mitico comandante carismatico Massud nella valle del Panshir, durante la settima offensiva sovietica per spezzare “definitivamente” la resistenza afghana (Massud morirà colpito da un attacco suicida alla vigilia dell’11 settembre 2011, ma questa è una storia di tanti anni dopo); come pure quello col ventiquattrenne Abdul Hak, che a Tezin, a trenta chilometri a sud est di Kabul, tiene in scacco (“senza la presunzione di espugnarla”) la capitale. “Salta per aria una centrale elettrica e il paese piomba nel buio? Bisogna chiedere a Abdul Hak…Il telefono non funziona, c’è un blackout alla Tv? Manca la benzina ai distributori? Bruciano i depositi di carburante per notti intere? Abdul Hak ha colpito ancora…” Fantastico è il racconto della “scampagnata” notturna a Kandahar nel deserto sud-occidentale. La città “discola e impertinente” che dopo oltre sei anni di guerra l’Armata Sovietica non è mai riuscita a soggiogare del tutto. Vi convivono i resistenti islamici nelle loro infinite fazioni, i sovietici e l’esercito afghano in una difficile suddivisione di ore di tregua di luoghi. Mo raggiunge la città sul sellino posteriore di una Yamaha giapponese (come è arrivata lì?) in 16 ore di motocross. Nel buio più fitto della notte, con la scorta di quattro mujaheddin col colpo in canna, “visita” il bazar: “Mister stai tranquillo, dice uno di loro vedendo la mia inquietudine, una volta al bazar sei al sicuro…” Dentro al bazar si stappano Fanta e Coca Cola per brindare allo straniero: “Kandahar è nostra-dicono – almeno fino all’alba.” “E all’alba?” “Tornano loro, gli “sciuravi”.” (i Russi). Misteri!

Dopo tanti anni non si può fare a meno di osservare che oggi l’Afghanistan non sta meglio di allora. Un’altra osservazione: Mo non cita praticamente la coltivazione del papavero da oppio, mentre oggi sappiamo che proprio l’Afghanistan ne è il primo produttore al mondo. Non parla di kamikaze, probabilmente non esistevano.

Ettore Mo, nato a Borgomanero (Novara) nel 1932, quest’anno ha compiuto 80 anni, pochi per la sua enorme vitalità. Secondo le sue parole, fu prima sguattero e cameriere a Parigi e Stoccolma, barista nelle Isole della Manica, bibliotecario ad Amburgo, insegnante di Francese (senza titoli, naturalmente) a Madrid, infermiere in un ospedale per incurabili a Londra e infine steward in prima classe su una nave della marina mercantile britannica… Finché, assunto al Corriere della Sera prima come esperto di teatro (aveva anche intrapreso la carriera di cantante!), il direttore del Corriere lo manda in Iran, a Teheran, dove era appena tornato dall’esilio e aveva preso il potere l’ayatollah Khomeini. Da lì prende avvio la sua vita di inviato speciale del Corriere.

La peste la fame la guerra è il suo primo libro o, come dice lui, il suo primo “non libro”, dato che tutti quelli che “non ha scritto” sono raccolte dei suoi articoli del Corriere della Sera. E ci piace ricordare che a curare questa raccolta è stato Marco Sorteni, a sua volta giornalista, grande amico di Ettore Mo, mancato nel 1996.

In due parole: stessi o altri paesi, stessi o altri poteri invasori o locali. La peste la fame la guerra non hanno mai fine nel mondo. Teniamoli lontani almeno dalla nostra vecchia Europa…

Scheda di SUSANNA SCHWARZ

ETTORE MO
LA PESTE LA FAME LA GUERRA

Editore: HOEPLIAGGIUNGI AL CARRELLO
Numero di pagine: 338
Prezzo: € 15,00
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