IL CAPOFABBRICA di ROMANO BILENCHI

IL CAPOFABBRICAIl capofabbrica di Romano Bilenchi è costituito da otto storie, brevi racconti, in sé autonomi, ma interconnessi tra loro tramite il personaggio di Marco che consente al libro una leggibilità in chiave di epopea familiare, data la presenza ricorrente dei familiari di Marco. Un’epopea il cui tratto distintivo è quello di un’umanità sottomessa alla legge del più forte, dove la brutalità se serve la si usa, anche tra consanguinei.
Ma Bilenchi non ci racconta la “storia” della famiglia di Marco, egli fa altro. Delimita le rotture che aggrediscono e segnano le vite dei personaggi, le loro mutazioni profonde e sofferte, dovute a irreversibilità laceranti, dove ad abdicare sono l’innocenza e la salvezza, restando, al fondo, uno smarrito senso di pietas.
In questo senso resta indelebile la figura di Dino, protagonista dell’omonimo racconto la cui eclisse esistenziale lo porterà a farsi prete, giunto come egli era a cogliere l’insignificanza delle lusinghe della vita, a cui era vitalisticamente attaccato, allorquando muore il suo più caro amico Aldo.
O quella del personaggio di Andrea, il capofabbrica, protagonista del relativo racconto che, con una torsione dolorosa, dovrà prendere coscienza che Marco, padrone della fabbrica e fascista, un fascista ancora illuso che il fascismo sia “la cosa giusta”, si rivela assai migliore di chi invece dovrebbe essergli amico e sodale anche per le comuni idee politiche antifasciste. Ma anche i Pazzi protagonisti del racconto omonimo, nonché il Nonno di Marco che dà il titolo al relativo racconto, sono tutte figure di sconfitti ed esclusi che gli altri, i parenti, la gente, il mondo, vorrebbero solo far scomparire senza tante storie.
Gli esclusi sono infatti i personaggi che interessano a Bilenchi. Il mondo, per Bilenchi, non è un luogo accogliente e protettivo, al contrario è un luogo ferino e carico di indifferenza e, ne Il capofabbrica, aleggia costante questo senso di selvaggio e di primordiale.
Tutto il testo è attraversato da una lotta, spesso senza esclusione di colpi, che i diversi attori devono condurre per raggiungere i loro obiettivi e i loro scopi. E anche quando questi sembrano a portata di mano d’improvviso appaiono insignificanti e vani, oppure ne è impedito un reale e pieno godimento, perché qualcosa accade a sbarrarne l’accesso e la realizzazione. Esemplare di questa inafferrabilità del vivere è il famosissimo incipit, considerato da molti come uno dei più belli di tutta la letteratura italiana del ‘900. È repentino il passaggio dall’entusiasmo alla desolazione di Giovanni, il quale “aveva terminato di costruire la fabbrica” e fermo al centro del piazzale, fra i diversi edifici della fabbrica, silenziosamente immerso in quell’attimo di assoluta perfezione, “si sentì a un tratto desolato. La sua felicità svaniva“.
Senza un reale perché “i muri bianchi e nuovi, cresciuti sotto i suoi occhi amorevoli, avevano perduto ogni intesa con lui e più egli li guardava più l’improvvisa tristezza che lo aveva assalito si faceva acuta”.
In questa scena si consuma e si volatilizza tutta la felicità di Giovanni, a sancirne la inesorabile aleatorietà, laddove, quando raggiunta, essa è subito destinata a svanire. E se quello di Giovanni sembra lì per lì solo uno smarrimento misterioso e inconsapevole, esso si rivela, pochi attimi dopo, una crudele premonizione della tragica morte del figlio caduto “nella gora che limitava a sud la fabbrica” . Recuperato il corpo esanime del figlio, Giovanni, pagati gli operai, “chiuse i cancelli e cercò un compratore per la fabbrica”.
Il capofabbrica, testo di grandissima intensità, segna la nascita letteraria di Romano Bilenchi (1909-1989) ; si resta colpiti se si tiene conto che Bilenchi lo scrisse fra i 21 e i 23 anni, mentre la profondità delle tematiche e la padronanza della scrittura la fanno sembrare un’opera assai più matura.
Peraltro la scrittura di Bilenchi merita un commento a sé, per quel suo procedere per sottrazione e per la capacità di fissare, con un’immagine, un moto dell’animo o un alito di vita. Una scrittura inoltre connotata dalla fulmineità: le sue pagine sono dense, quanto le singole frasi sono brevi. Bilenchi, se pur meno noto fra i grandi della nostra letteratura del ‘900, merita a pieno titolo di farne parte, risultando uno dei nostri autori più innovativi e originali e, sicuramente, a tutt’oggi, estremamente contemporaneo.

In due parole: in queste pagine è come se tutto ciò che appare fosse già, nello stesso attimo, destinato fulmineamente a scomparire.

Scheda di RAFFAELE SANTORO

ROMANO BILENCHI
IL CAPOFABBRICA

Editore: BURAGGIUNGI AL CARRELLO
Numero di pagine: 100
Prezzo: € 9,20
NICEPRICE € 6,90 – SCONTO -25%


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