L’ASSASSINO CHE È IN ME di JIM THOMPSON

L’ASSASSINO CHE È IN MEChiunque conosce qualcuno logorroico oltre misura. Uno di quegli individui che si reputa una disgrazia incrociare per la strada o in ufficio, consapevoli del fatto che si resterebbe avviluppati da una tela di parole viscose e senza fine. Ecco, Lou Ford, sceriffo di una cittadina del Texas più profondo, è uno così. Tuttavia questo sembra essere l’unico suo difetto, per il resto nulla da dire: cappellone Stetson sempre in testa, Lou gira senza pistola per non mettere a rischio la vita di nessuno, e ha il sorriso e la parola giusta per tutti. “Dato che sei un buono fai diventare buoni anche gli altri” gli dice un compaesano riconoscente. Il paese lo stima e lo ama e per la sua generosità e per il suo equilibrio. Sì, certo, è un tantino pedante, forse un filo lento di comprendonio, ma nulla di più. È un buono, buono come un pezzo di pane. Questo pensano tutti.

Ma noi lettori, che seguiamo il suo racconto scritto in prima persona, ci accorgiamo, già dalle prime pagine, che qualche rotella di Lou manca all’appello. Sappiamo, per esempio, che quella logorrea non è carattere, ma sadismo: lo sceriffone amico di tutti ci gode un mondo a sfinire gli interlocutori di parole. E quella dabbenaggine che qualcuno gli rimprovera è solo finzione, teatro. I pensieri di Ford, quelli veri, mettono la pelle d’oca. E allora ogni suo sorriso diventa un ghigno e ogni consiglio una minaccia. Ma questo lo sappiamo noi e lui, il resto della comunità conduce un’esistenza tranquilla e sonnolenta.

Finché qualcuno comincia ad accorgersi che sulla scena di una serie di delitti che scuotono la cittadina c’è sempre, guarda caso, lo sceriffo. Omicidi che sembrano scollegati fra loro ma che noi invece sappiamo essere studiati nei particolari ed eseguiti con la massima ferocia. E ne conosciamo anche il movente: la malattia. Lo scrive sempre in corsivo Thompson e solo così nomina la forza inarrestabile che arma la mano del bonaccione con la stella sul petto. Poi gli eventi iniziano inesorabilmente a precipitare e Lou Ford si dimena come una preda al laccio senza riuscire a far nulla per placare l’assassino che è in lui, trascinandoci negli abissi tetri della follia.

Il romanzo è considerato, oltreché uno dei più riusciti dell’autore, anche una stella polare della letteratura noir. Stanley Kubrick, che di storie ben raccontate ci masticava, ebbe a definirlo “il più grande romanzo su una mente criminale che sia mai stato scritto”. Parole a cui fece seguire i fatti: il regista americano infatti volle l’autore accanto a sé come sceneggiatore in Rapina a mano armata e Orizzonti di gloria. Esperienze che forse valsero in qualche misura a riscattare la maledetta avventura hollywoodiana di Thompson. Una maledizione che attraversa tutta la vita dello scrittore nato in Oklahoma nel 1906 e morto a Hollywood nel 1977, lasciandosi praticamente morire di fame, alcolizzato e ormai dimenticato da tutti.

Sin da giovanissimo il bisogno lo costringe a passare da un lavoro all’altro, mestieri umili attraverso cui conosce quell’umanità che racconterà poi nei suoi libri. Intorno agli anni Trenta comincia a scrivere racconti per le riviste pulp, pubblicazioni senza pretese, collezioni di storie a base di sesso e violenza, allora molto diffuse. Tra il ‘52 e il ‘57, Thompson pubblica quindici romanzi fra cui almeno la metà può essere annoverata fra le sue cose migliori. Poi Hollywood lo vuole a sé, ma ormai i danni dell’alcol e delle anfetamine sono insanabili, Thompson non riesce a sfondare nel cinema e anche la vena letteraria si è indebolita. Ciò non toglie però che riesca a scrivere ancora tre grandi libri Getaway, I truffatori e Colpo di spugna.

Muore stringendo la mano della moglie e lasciandole in eredità la sola cosa che mai ci si aspetterebbe da chi ha sempre cantato delusione, devianza e sconfitta: la speranza. Si raccomanda infatti di conservare i suoi manoscritti perché in pochi anni sarebbero stati opera di uno scrittore famoso. Profetico e pratico.

Qualche anno dopo, quando scrivere di serial killer è diventato à la page e vende bene, comincia la riscoperta dei libri di Thompson che ben presto viene eletto maestro del genere. Come un avvoltoio arriva puntuale anche Hollywood che, da tempo, ha imparato a saccheggiare o, a seconda dei punti di vista, omaggiare le anime bruciate che hanno dato il meglio di sé alla letteratura di genere.

Poco del lavoro di Jim Thompson è disponibile in Italia, ma chi lo ha letto è ancora capace di sperare in future ristampe…

In due parole: anche con 40 gradi all’ombra, Jim Thompson vi farà correre un piacevole brivido lungo la schiena.

Scheda di ANDREA TOGNASCA

JIM THOMPSON
L’ASSASSINO CHE È IN ME

Traduzione di Anna Martini
Editore: FANUCCIAGGIUNGI AL CARRELLO
Numero di pagine: 219
Prezzo: € 15,00
NICEPRICE € 13,50 – SCONTO -15%


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