L’ultimo romanzo di un provocatore: Sottomissione

9788845278709Il libro di Michel Houellebecq, che tanto ha fatto parlare in queste settimane, racconta un futuro immaginario di una Parigi del 2022 governata da un presidente della Repubblica musulmano con le conseguenti misure imposte alla società francese. Un romanzo quindi di fantapolitica, come è stato definito dall’autore stesso, che è uscito in Francia il 7 gennaio scorso proprio nel giorno del massacro alla redazione del giornale satirico Charlie Hebdo.
Sottomissione, questo il titolo del libro edito da Bompiani, è arrivato in Italia il 15 gennaio con una tiratura iniziale di 85mila copie. L’autore è stato messo sotto scorta in seguito alla strage di Charlie a causa dell’acceso dibattito che ha scatenato il suo ultimo libro. Ricordiamo, infatti, che nel 2001 Houellebecq aveva definito l’Islam come la “più stupida delle religioni” finendo già all’epoca sotto una pioggia di critiche e ricevendo diverse denunce di razzismo, da cui però riuscì a uscirne rivendicando il suo diritto alla critica delle dottrine religiose.
Sottomissione è la cronaca di una mutazione che sembra inevitabile e che tutti sentono essere alle porte, ma di cui nessuno ha il coraggio di parlare. Protagonista del romanzo è un universitario, studioso di Huysmans, che vive da solo e non riesce a stabilire una relazione duratura con nessuna delle ragazze che incontra; non disdegna l’alcol, ama fumare e circondarsi di libri e non si è mai interessato in particolar modo di politica.
Almeno fino a questo momento. E questo momento coincide con le elezioni presidenziali del 2022 in Francia. Houellebecq immagina un secondo mandato di Hollande, del tutto negativo, che fa in modo che una nuova forza politica si manifesti: la Fratellanza musulmana, capeggiata dal leader Mohammed Ben Abbes, islamista moderato. Le forze politiche in campo sono quindi i due partiti democratici Front National e Fratellanza musulmana, che rispecchiano la situazione di contrasto dell’intero paese che rischia di cadere in una guerra civile fra immigrati musulmani ed europei autoctoni.
Alla fine del romanzo Ben Abbes viene eletto e tutto cambia nella vita del protagonista. Il commento celato nella descrizione di questo mutamento non appare affatto negativo; si percepisce un iniziale disagio che poi passa in secondo piano quando la Francia sembra ritrovare speranza e ottimismo. L’Islam, in certi punti, è quasi elogiato come una religione capace di cogliere la vera essenza dell’universo trovando il suo massimo punto di arrivo nella sottomissione, appunto, a Dio. In alcuni dialoghi inoltre si parla esplicitamente della conversione che sembra inevitabile e appare come l’unica soluzione possibile.

«Pertanto l’umanesimo ateo, sul quale poggia il “vivere insieme” laico, non resisterà a lungo, la percentuale della popolazione musulmana – e questo senza tener conto dell’immigrazione, che accentuerà ulteriormente il fenomeno. Per gli identitari europei è assodato in partenza che tra i musulmani e il resto della popolazione debba necessariamente, presto o tardi, scoppiare una guerra civile. La loro conclusione è che, se vogliono avere una speranza di vincerla, gli conviene che questa guerra scoppi il più presto possibile – in ogni caso prima del 2050, preferibilmente molto prima.»

Con Fratellanza musulmana al potere però le donne non sono più libere di indossare ciò che vogliono, vengono escluse dal mercato del lavoro e non possono più frequentare i luoghi pubblici. Allora dov’è il lato positivo per loro? Nella maggior parte dei casi sono considerate come mero oggetto del desiderio sessuale del protagonista e in alcuni passaggi vengono descritte come delle ragazzine da ammaestrare a proprio piacimento. Si potrebbe cogliere l’altra faccia della medaglia nell’idea di fondo che l’uomo sia ineducabile, ma trovo il tutto molto discutibile.

«Se la specie umana è minimamente in grado di evolvere, lo deve proprio alla plasmabilità intellettuale delle donne. L’uomo, invece, è assolutamente ineducabile. Che sia un filosofo del linguaggio, un matematico o un compositore di musica seriale, opererà sempre, inesorabilmente, le sue scelte riproduttive su criteri meramente fisici, e criteri immutati da millenni. In partenza, ovviamente, anche le donne sono attratte innanzitutto dalle doti fisiche; ma, con un’educazione appropriata, si può riuscire a convincerle che l’essenziale non è quello. Le si può portare a essere attratte dagli uomini ricchi – e, dopotutto, arricchirsi richiede già un po’ più di intelligenza e di astuzia della media.»

Tornando al fulcro centrale del romanzo, ossia la possibile futura conversione dell’Europa al pensiero musulmano, l’Islam appare in definitiva come la seconda chance del vecchio continente, una prospettiva positiva in un paese in balia delle onde, unico punto di approdo anche per il protagonista del romanzo che alla fine si converte.

Anche lo scrittore francese Emmanuel Carrère è intervenuto nel dibattito sull’ultima opera di Houellebecq, proponendo un confronto tra quanto accade nel mondo cristiano e nel mondo islamico e lasciando aperta la porta verso la speranza di una relazione tra libertà e religione islamica.
Recensioni positive sono state firmate anche dal filosofo Bernard-Henri Levy e dall’economista ed editorialista di Charlie, Bernard Maris, ucciso nella strage.
È indubbio che il romanzo, pubblicato in un momento così delicato, continuerà ad alimentare riflessioni politiche e sociali intorno ai temi della libertà, della religione e dell’integrazione in un’Europa che appare ancora molto divisa.


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