LA PAGA DEL SABATO di BEPPE FENOGLIO

LA PAGA DEL SABATO“Io non mi trovo in questa vita perché ho fatto la guerra. Ricordatene sempre che io ho fatto la guerra, e la guerra mi ha cambiato, mi ha rotto l’abitudine a questa vita qui. Io lo capivo fin d’allora che non mi sarei poi ritrovato in questa vita qui.” Così Ettore, ventiduenne ex partigiano di Langa alla madre che lo rimprovera di non cercarsi un lavoro regolare. Il disadattamento di Ettore, il protagonista de La paga del sabato, è simile a quello dei suoi amici  e compagni di Resistenza Bianco e Palmo, e di tanti altri in quei primi anni di dopoguerra. (E anche di oggi: quanti reduci americani, e non solo, son stati moralmente distrutti dalle guerre in cui han combattuto!)  Chi è stato alla macchia, chi ha passato notti all’addiaccio, chi ha teso e subìto imboscate, chi ha ucciso e chi l’ha scampata nel gioco del destino non riesce a rientrare nei ranghi, a chiudersi “fra quattro mura per le otto migliori ore del giorno, tutti i giorni, e in queste otto ore nei caffè e negli sferisteri e sui mercati succedevano memorabili incontri d’uomini, donne forestiere scendevano dai treni, d’estate il fiume e d’inverno la collina nevosa”. E proverà sempre “il barbaro sentimento che quelli erano stati tempi felici.” Così Ettore si imbarca in affari loschi, furti ed estorsioni a vecchi ex fascisti o contrabbando con la Francia; finché l’amore per Vanda, che aspetta da lui un figlio, lo spinge a mettere una pietra sopra il passato. Coi soldi mal guadagnati si costruisce un lavoro onesto, ma…

La paga del sabato è come un film in bianco e nero degli anni Cinquanta, ma l’etichetta di “neorealismo” gli va stretta. Gli eroi  di Fenoglio (positivi o negativi non importa: c’è pietas per il vecchio fascista basedowiano che muore di paura e nessuno, come nella vita, è mai del tutto cattivo o del tutto buono) non sono condizionati dall’ambiente né trovano riscatto in una sperata liberazione sociale. Quello che importa all’autore sono i rapporti fra gli uomini, la concretezza terragna dell’esistenza quotidiana, il pudore dei sentimenti espressi  più che a parole nei gesti, nei moti del corpo. Poche frasi asciutte e scabre, come la psicologia dei personaggi, sono sufficienti a incidere nell’ immaginazione del lettore figure e momenti indimenticabili: il rapporto di Ettore con la madre, a esempio, con le parole ruvide e violente  che mascherano la verità degli affetti profondi; o il legame con Vanda, civetta e solida, intelligente e istintiva nell’ amore per il suo uomo difficile: “era piena di dolcezza di tristezza e di voglia di sprecarsi”: quanta femminilità, quanta giovinezza, quanta sensualità in questa sola, brevissima frase!  Fenoglio  è così, come la sua terra, la collina di Langa, coi suoi bianchi crinali a contatto col cielo e con le forre fitte di bosco e di rovi. C’è qualcosa di arcaico, di omerico o di biblico, nei caratteri dei suoi personaggi, nell’ asprezza della lingua, spesso modulata su cadenze dialettali che sanno di concisione e gravità, come un peso che scenda lentamente, nell’essenzialità semplice delle scelte morali, nella grandiosa elementarità dei sentimenti: “[Ettore] si domandava quello che poteva esserci nel sangue di Vanda del sangue di suo padre, tutto ciò che stava dentro e dietro la donna che sarebbe stata sua moglie e che gli avrebbe dato i suoi figli impastandoli e irrorandoli con quel misterioso e ripugnante sangue di molti.”

Fenoglio (Alba 1922- Torino 1963) è uno dei più grandi scrittori del secondo Novecento italiano, ma forse meno letto di altri. Tutti i suoi scritti gravitano intorno al tema della lotta partigiana e della durezza del vivere; La paga del sabato, scritto alla fine degli anni ’40 e pubblicato solo nel 1969, dopo una serie di vicende editoriali che coinvolsero Calvino, Vittorini e la Ginzburg, è il suo primo romanzo. Ma, come Minerva che nasce tutta armata dalla testa di Giove, già all’altezza delle sue opere più note: i racconti de I ventitre giorni della città di Alba (dove in un primo tempo furono pubblicati due spezzoni de La paga del sabato), La malora, Una questione privataIl partigiano Johnny.

In due parole: un romanzo breve, duro come un hard boiled, tenero come un film di Truffaut.

Scheda di GIANANDREA PICCIOLI

BEPPE FENOGLIO
LA PAGA DEL SABATO

Editore: EINAUDIAGGIUNGI AL CARRELLO
Prima edizione: 1969 (Einaudi)
Numero di pagine: 160
Prezzo: € 10,00
NICEPRICE € 9,00 – SCONTO -10%


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